Premessa

  • L’approvazione negli Stati Uniti di Aduhelm® (aducanumab), un farmaco che dovrebbe rallentare gli effetti del morbo di Alzheimer, sta facendo discutere medici e ricercatori non solo per i dubbi sulla sua efficacia ma anche per il modo con cui è stato approvato.
  • I farmaci attualmente disponibili cercano di trattare i sintomi dell’Alzheimer ma non riescono a fare molto contro la malattia, soprattutto nelle sue forme più avanzate.
  • Aducanumab seguirebbe un diverso meccanismo d’azione agendo contro quella che è ritenuta la causa della malattia in modo che questa progredisca più lentamente. Per farlo, s’interviene sulla beta-amiloide, una proteina che causa un accumulo di placche nei neuroni rendendoli via via meno reattivi e funzionali. 

Introduzione

L'ipotesi “amiloide” per la malattia di Alzheimer (Alzheimer’s disease, AD) si riferisce al fatto che l’accumulo anormale nel cervello di beta-amiloide (Aβ) è l’evento chiave che innesca una complessa cascata che porta a neurodegenerazione e declino cognitivo. 1,2 Questa ipotesi ha portato l'attenzione sull'equilibrio tra produzione ed eliminazione di Aβ nell'AD, portando strategie volte a ridurre la produzione di Aβ, come gli inibitori della β-secretasi e gli inibitori della ɤ-secretasi, o adaumentare la clearance di Aβ, come immunoterapia attiva e passiva.1,3,4 Di tutti gli approcci anti-Aβ, l'immunoterapia passiva con anticorpi monoclonali è stato quello meglio tollerato e, data la sua meccanica selettività, è stato ampiamente considerato come l'approccio terapeutico di scelta.4 Come nel caso della maggior parte degli approcci anti-Aβ, i singoli studi che testano gli anticorpi monoclonali anti-Aβ non hanno riportato risultati incoraggianti, ma farmaci più recenti sono ancora oggetto di valutazione. Questo è il caso di aducanumab, i cui risultati hanno destato controversie nel mondo scientifico. Infatti, esiste una importante controversia sull'efficacia di aducanumab, anche se di recente la FDA ha approvato il farmaco per il trattamento di forme lievi in pazienti con Alzheimer.

I farmaci attualmente utilizzati

Attualmente sono disponibili dei farmaci (gli inibitori dell’acetilcolinesterasi) che possono migliorare i sintomi della malattia e rallentarne temporaneamente la progressione. Gli inibitori dell’acetilcolinesterasi, che sono attualmente prescritti gratuitamente da centri specializzati ai pazienti con malattia di Alzheimer di gravità lieve-moderata, sono il donepezil, la rivastigminae la galantamina. L’efficacia di questi farmaci è simile, quello che cambia è la modalità di somministrazione (il donepezil va assunto in un’unica dose una volta al giorno, rivastigmina e galantamina più volte al giorno e a dosi crescenti) e il profilo degli effetti collaterali, quali nausea, vomito, diarrea (alcuni di questi farmaci vengono tollerati meglio degli altri). Donepezil e rivastigmina sono disponibili anche sotto forma di cerotto a lento rilascio. Per il trattamento della malattia di Alzheimer di gravità da moderata-severa a severa il Ministero della Salute ha approvato la memantina, che è attualmente rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale.

FDA: approvazione condizionale

Il 7 giugno 2021 l’Agenzia statunitense ha approvato aducanumab.5 La decisione, che l’FDA ha preso sull’autorizzazione di aducanumab, è venuta dopo e nonostante i pareri negativi di una delle due commissioni.6 L’approvazione condizionata – scelta insolita per l’FDA – ha fatto ulteriormente discutere, dato che negli ultimi decenni non sono arrivati efficaci farmaci contro l’AD. Infatti, aducanumab è stato approvato sulla base della sua capacità di eliminare la beta-amiloide, come emerso in entrambi gli studi, ma l’americana Biogen, che lo ha sviluppato e posto in commercio, per continuare a venderlo, dovrà terminare uno studio clinico che confermi i benefici per le capacità cognitive derivanti dalla rimozione della proteina.

Nel caso in cui lo studio portasse a conclusioni diverse, l’FDA potrebbe annullare l’approvazione da poco concessa.

Va ricordato che Biogen ha preso in licenza aducanumab da Neurimmune in 2007 con un accordo di sviluppo collaborativo e di licenza. Da ottobre 2017 BiogeneEisai Co., Ltd. collaborano allo sviluppo e alla commercializzazione di aducanumab a livello globale.

I dubbi e le perplessità della comunità scientifica

La comunità scientifica è stata scossa da questa decisione, se non altro per il semplice fatto di aver creato un precedente. Infatti, così facendo si può approvare un farmaco solamente per le sue potenzialità, anche se i dati di efficacia e sicurezza non sono ancora stati dimostrati in maniera solida. Lo stesso criterio potrebbe essere applicato per farmaci di nuova generazione orientati a curare o trattare malattie gravi, per le quali a oggi non esistono rimedi efficaci.

Nell'annunciare la sua decisione l’FDA ha ammesso che gli studi compiuti finora "hanno lasciato incertezze residue sui benefici clinici". L’Agenzia statunitense ha approvato comunque l'aducanumab basandosi sulla sua dimostrata capacità di rimuovere le placche amiloidi, che si accumulano nel cervello dell'Alzheimer e si pensa rechino danno ai neuroni. Ridurre questi depositi "dovrebbe ragionevolmente comportare importanti benefici per i pazienti".                                 

I dati di efficacia e sicurezza

Il primo studio di fase 1b (PRIME) aveva dimostrato la capacità del farmaco di ridurre in maniera significativa la presenza di beta amiloide a livello cerebrale misurata tramite il SUVR della PET amiloide (20% circa dopo un anno di trattamento per coloro che hanno assunto la dose maggiore – 10mg/kg).7 Questo lasciava ben sperare ma gli studi che sono seguiti non hanno dato i risultati sperati.

La decisione del 6 novembre 2020 del Comitato consultivo dell’FDA statunitense sulla mancanza di beneficio per aducanumab basato sui risultati dei trial registrativi ENGAGE ed EMERGE,8,9 cioè 301 e 302, è molto preoccupante per la comunità scientifica per il trattamento dell’AD e, cosa più importante, per un gran numero di pazienti con lievi disturbi cognitivi.

I due trial registrativi sono stati praticamente identici nel disegno dello studio e avevano una durata di 18 mesi. I pazienti inclusi erano di età media di 70 anni con lieve decremento cognitivo e AD in fase iniziale. L’end point primario era l'effetto del farmaco valutato mediante l’uso della Clinical Dementia Rating o CDR, una scala numerica utilizzata per quantificare la gravità di una demenza. L'effetto di aducanumab sui cambiamenti nel liquido cerebrospinale (CSF) e nella tomografia a emissione di positroni (PET) biomarcatori è stato esaminato in un sottocampione.

Lo studio ENGAGE non ha mostrato un beneficio clinicamente significativo di aducanumab rispetto a placebo, sia a basso che ad alto dosaggio, mentre lo studio EMERGE ha mostrato un beneficio statisticamente significativo con una dose maggiore (10mg).

Lo studio EMERGE era stato inizialmente interrotto a causa dell'apparente inutilità, anche se, dopo ulteriori dati con un follow-up più lungo, si è riscontrato un beneficio positivo minimo nel gruppo ad alte dosi (10 mg).

Per quanto riguarda i dati di sicurezza, i risultati non sono incoraggianti. Infatti, circa il 40% dei pazienti trattati con aducanumab nei trial clinici ha avuto tracce di edema cerebrale nell'esame di risonanza magnetica, con sintomi come mal di testa, disorientamento, nausea e vomito, problemi alla vista. Il 17-18% dei pazienti ha presentato microemorragie cerebrali, per questo motivo chi accederà al trattamento dovrà essere periodicamente monitorato con risonanza magnetica.

Conclusioni

Nei pazienti con AD con lieve disturbo cognitivo, precedenti studi non hanno riportato una significativa riduzione della beta-amiloide nei farmaci somministrati. Gli studi registrativi con aducanumab – ENGAGE ed EMERGE – nei pazienti con lieve disturbo cognitivo hanno riportato risultati conflittuali.8,9 Il Comitato consultivo dell’Agenzia regolatoria statunitense ha votato contro l’approvazione di aducanumab. L’Ufficio di Neurologia dell’FDA è stato più positivo, mentre il gruppo di statistica abbastanza negativo. La continua controversia sui rischi e benefici di aducanumab ha importanti implicazioni per il futuro di altri farmaci anti-amiloidi, nonché sull’interpretazione dell'ipotesi della beta-amiloide come target per il trattamento di pazienti con lieve disturbo cognitivo e AD in fase iniziale.10

Riflessioni finali

L’approvazione condizionata da parte dell’Agenzia regolatoria statunitense ha fatto grosso clamore, ma il dato di fatto è che non siamo arrivati ancora a una cura per l’Alzheimer. Anche nella sperimentazione, il successo del farmaco è stato misurato non dai progressi cognitivi, ma dal rallentamento del declino cognitivo e delle capacità fisiche. Per i pazienti e per i loro affetti significa però guadagnare tempo prezioso per accumulare esperienze, per essere indipendenti e per riorganizzare la propria vita prima che la malattia passi agli stadi successivi: considerando quest’aspetto del trattamento, la notizia è stata accolta con sollievo e fiducia dalle associazioni a sostegno dei malati di Alzheimer e dei loro familiari. Tuttavia, meno chiari sono i reali benefici cognitivi. I risultati dei due trial registrativi hanno riportato risultati contrastanti. Inoltre, molti esperti non ritengono che eliminare i depositi di beta-amiloidi aiuti, nelle fasi avanzate della malattia: altri farmaci con lo stesso obiettivo testati in passato su casi moderati o gravi non hanno dato benefici clinici. Si stima, infatti, che sono 400 gli insuccessi di farmaci per il trattamento dell’AD.11 Se come, da più parte sostenuto, l’approccio amiloide fosse sbagliato e fossero confermati studi iniziali che “indicano che questi ammassi possono essere presenti anche in persone perfettamente sane. Ad essere pericolose, stando agli studi, sarebbero quelle specie solubili che si disgregano da esse. La formazione della placca dunque potrebbe addirittura rappresentare un meccanismo di difesa fino a quando regge. Quando poi l'equilibrio viene interrotto le placche rilasciano frammenti solubili in grado di danneggiare i neuroni portandoli verso la morte”. [Fonte: Fondazione Umberto Veronesi]. FDA approva il primo farmaco della storia per l'Alzheimer. Rallenterebbe il declino cognitivo se somministrato nelle fasi precoci. Ma il condizionale, visti i trial clinici contrastanti, è d'obbligo.

Riguardo al prezzo, invece, Biogen stima che un trattamento per un anno sia di circa 50milla dollari/paziente.12 Aducanumab è somministrato per via endovenosa in ospedale sotto sorveglianza medica. Al di là delle valutazioni farmacoeconomiche, appare evidente che la stima sia sovradimensionata rispetto al beneficio clinico aggiuntivo nel diminuire la sfera cognitiva, e soprattutto dopo che risultati contrastanti sono stati a gran voce dichiarati dagli esperti del settore.

In attesa di vedere cosa faranno l’EMA europea e in seguito le Agenzie regolatorie nazionali, attendiamo gli esiti dell’approvazione condizionata concessa a Biogen.

Il nostro auspicio è che EMA dimostri maggiore cautela nel raccomandare questo prodotto alle Agenzie nazionali evitando di invertire la rotta come sembra stia facendo l’FDA in questo caso specifico.

 

* Nuovo Ospedale S. Stefano di Prato, UOC Politiche del farmaco - Azienda USL Toscana Centro
** Dipartimento di Scienze del farmaco – Università del Piemonte Orientale - Novara

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Hardy J, Selkoe DJ. The amyloid hypothesis of Alzheimer's disease: progress and problems on the road to therapeutics. Science. 2002 Jul 19;297(5580):353-6. doi: 10.1126/science.1072994. Erratum in: Science 2002 Sep 27;297(5590):2209. PMID: 12130773.
  2. Selkoe DJ, Hardy J. The amyloid hypothesis of Alzheimer's disease at 25 years. EMBO Mol Med. 2016 Jun 1;8(6):595-608. doi: 10.15252/emmm.201606210. PMID: 27025652; PMCID: PMC4888851.
  3. Blennow K, de Leon MJ, Zetterberg H. Alzheimer's disease. Lancet. 2006 Jul 29;368(9533):387-403. doi: 10.1016/S0140-6736(06)69113-7. PMID: 16876668.
  4. Panza F, Lozupone M, Logroscino G, Imbimbo BP. A critical appraisal of amyloid-β-targeting therapies for Alzheimer disease. Nat Rev Neurol. 2019 Feb;15(2):73-88. doi: 10.1038/s41582-018-0116-6. PMID: 30610216.
  5. Food and Drug Administration, sito web: https://www.fda.gov/drugs/postmarket-drug-safety-information-patients-and-providers/aducanumab-marketed-aduhelm-information
  6. Food and Drug Administration, Advisory Committee, sito web: https://www.fda.gov/advisory-committees/advisory-committee-calendar/november-6-2020-meeting-peripheral-and-central-nervous-system-drugs-advisory-committee-meeting
  7. Sevigny J. et al. The antibody aducanumab reduces Aβ plaques in Alzheimer’s disease. 2016 Sep 1;537(7618):50-6.
  8. gov, studio 221AD301, sito web: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT02477800?term=aducanumab&cond=Alzheimer+Disease&draw=2&rank=5
  9. gov, studio 221AD302, sito web: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT02484547?term=aducanumab&cond=Alzheimer+Disease&draw=2&rank=4
  10. Kuller LH, Lopez OL. ENGAGE and EMERGE: Truth and consequences? Alzheimers Dement. 2021 Apr;17(4):692-695. doi: 10.1002/alz.12286. Epub 2021 Mar 3. PMID: 33656288.
  11. Dottnet, sito web: https://www.dottnet.it/articolo/23222/fallisce-un-altro-farmaco-per-alzheimer-stop-all-idalopirdina/
  12. Adnkronos, sito web: https://www.adnkronos.com/alzheimer-ok-usa-a-farmaco-aducanumab-cose-quanto-costa_3IFZyDzRyOv8YOere9YWww
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