Premessa

Durante l’emergenza COVID-19 si è sperimentato l’uso di farmaci, già usati per altre patologie, nonostante le scarse evidenze scientifiche sulla loro efficacia e sicurezza per la patologia specifica. In tale contesto epidemiologico, la Food and Drug Administration in USA e le corrispettive autorità competenti europee e italiane hanno approvato l’utilizzo tali farmaci, in considerazione della mancanza di alternative terapeutiche e della necessità di agire prontamente per garantire le cure ai pazienti.

Tra questi farmaci, l’idrossiclorochina è stata ampiamente promossa come terapia per via dei suoi effetti antinfiammatori, in seguito a studi in vitro che suggeriscono un'attività antivirale.[1],[2] E’ stata adottata nelle cure di routine per adulti ospedalizzati con COVID-19 in molti ospedali,[3],[4]tuttavia, la carenza di prove sull'efficacia e sulla sicurezza ha portato più attori, tra cui il National Institutes of Health (NIH) e l'Infectious Diseases Society of America, a raccomandare ulteriori studi clinici per valutare l'idrossiclorochina come potenziale trattamento per i pazienti con COVID-19.[5],[6]

In Italia, già dallo scorso maggio, AIFA ha sospeso l’autorizzazione all’utilizzo dell’idrossiclorochina per il trattamento del COVID-19 al di fuori degli studi clinici. Nei mesi successivi le evidenze derivanti da diversi trials hanno dimostrato la non significatività dell’efficacia dei trattamenti, a fronte di un aumento di reazioni avverse al trattamento, seppure non gravi. 

Lo scorso novembre è stato pubblicato su JAMA uno trial clinico randomizzato sull’effetto dell'idrossiclorochina sullo stato clinico a 14 giorni dei pazienti ospedalizzati con COVID-19, condotto da Wesley H. Self e altri, al fine di valutare l’efficacia in Real world di un trattamento che viene ampiamente somministrato ai pazienti.

Lo studio ORCHID (Outcomes Related to COVID-19 treated with Hydroxychloroquine among In-patients with symptomatic Disease) è stato condotto per verificare l'ipotesi che, rispetto al placebo, l'idrossiclorochina migliori i risultati clinici per gli adulti ospedalizzati con COVID-19.

Il trial in oggetto mostra risultati che confermano l’inappropriatezza della terapia con idrossiclorochina, già messa in luce da precedenti studi, e l’adeguatezza della scelta dell’Agenzia Italiana del Farmaco rispetto la gestione dei trattamenti. Ad ogni modo, bisogna considerare le limitazioni dello stesso e, nello specifico, oltre le principali limitazioni dello studio, che sono riportate in maniera esplicita nel lavoro e verranno affrontate di seguito, bisogna considerare:

  • La precoce interruzione dello studio;
  • L’utilizzo di un endpoint primario di difficile interpretazione clinica in termini di differenza minima clinicamente rilevate[7].

Di seguito sono riportati i metodi e risultati dello studio.

METODI

Disegno dello studio

Lo studio clinico randomizzato, in cieco, multicentrico, ha confrontantato 'idrossiclorochina rispetto al placebo in pazienti adulti ospedalizzati con sintomi respiratori da COVID-19.

I pazienti sono stati arruolati tra il 2 aprile 2020 e il 19 giugno 2020 in 34 ospedali negli Stati Uniti nell'ambito della rete di studi clinici per la prevenzione e il trattamento precoce della lesione polmonare acuta (PETAL). La valutazione finale del risultato era stata prevista per il 17 luglio 2020.

Il progetto è stato finanziato dal National Heart, Lung e Blood Institute (NHLBI) dell’Istituto Nazionale di Sanità statunitense (NHI) ed è stato approvato da un comitato di revisione istituzionale centrale presso il Vanderbilt University Medical Center.

Popolazione di pazienti

Nel disegno dello studio sono stati considerati eleggibili i pazienti adulti (età ≥18 anni) ricoverati per meno di 48 ore con infezione SARS-CoV-2, confermata in laboratorio, e aventi sintomi respiratori da meno di 10 giorni.

I principali criteri di esclusione sono stati:

  • l’assunzione di 1 dose di idrossiclorochina o clorochina nei 10 giorni precedenti;
  • l’intervallo QTc maggiore di 500 ms;
  • la prescrizione o la somministrazione programmata di farmaci che prolungano l'intervallo QTc;
  • il disturbo convulsivo.

 Inoltre, in questo studio sono state esplicitate e riportate differenze di etnia perché vi sono evidenze di variazione di efficacia dell'idrossiclorochina per COVID-19 nei diversi gruppi etnici.

A causa dei ritardi nei test SARS-CoV-2 all'inizio della pandemia, lo studio è stato inizialmente progettato per arruolare pazienti ospedalizzati con infezione SARS-CoV-2 sospetta o confermata, ma dopo l'aumento della capacità di test, i criteri di ammissibilità sono stati ridotti per includere solo i casi confermati in laboratorio. Prima della conferma dell’accuratezza dei test, sono stati arruolati 2 pazienti senza conferma di laboratorio dell'infezione da SARSCoV-2; questi pazienti sono stati inclusi nell'analisi primaria.

Randomizzazione

I pazienti sono stati assegnati in modo casuale al braccio trattato idrossiclorochina o al braccio di controllo trattato con placebo, in un rapporto 1:1, attraverso un sistema elettronico centralizzato, utilizzando blocchi di randomizzazione di 2 e 4 unità. La sperimentazione è stata in doppio cieco: i pazienti, i medici curanti, il personale della sperimentazione e i valutatori dei risultati erano all'oscuro dell'assegnazione del gruppo.

Assunzione e monitoraggio di efficacia e reazioni avverse

La prima dose del farmaco di prova è stata somministrata entro 4 ore dalla randomizzazione. I pazienti assegnati al gruppo idrossiclorochina hanno ricevuto 400 mg di idrossiclorochina solfato in compresse due volte al giorno per le prime 2 dosi, e poi 200 mg cpr due volte al giorno per le successive 8 dosi, per un totale di 10 dosi in 5 giorni.[8]

I pazienti assegnati al gruppo placebo hanno ricevuto, invece, placebo corrispondente nella stessa frequenza di dosaggio. I pazienti dimessi dall'ospedale prima del quinto giorno hanno continuato la sperimentazione del farmaco dopo la dimissione per completare il ciclo di 10 dosi.

Un importante effetto collaterale, da tenere in considerazione ai fini della sicurezza per l'idrossiclorochina, è il prolungamento dell'intervallo QTc.[9],[10] .Pertanto, il personale dello studio ha valutato sistematicamente l'intervallo QTc tra le 24 e le 48 ore dopo la somministrazione della prima dose del farmaco sperimentale.

Nello studio è stata monitorata quotidianamente la somministrazione di farmaci con potenziali interazioni con l'idrossiclorochina, evitando la somministrazione di quest’ultima nel caso il partecipante avesse già ricevuto un farmaco concomitante con un alto rischio di interazione. Sono stati registrati, inoltre, tutti i farmaci concomitanti.

Outcome

L'outcome primario che si è posto il trial era lo stato clinico dei pazienti 14 giorni dopo la randomizzazione, valutato con una scala ordinale di 7 categorie (la scala dei risultati COVID) raccomandata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità[11]. La scala consiste di 7 categorie mutuamente esclusive:

  1. morte;
  2. ricoverato in ospedale, in ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO) o ventilazione meccanica invasiva;
  3. ricoverato in ospedale, ricevendo ventilazione meccanica non invasiva o ossigenoterapia nasale ad alto flusso;
  4. ricoverato in ospedale, ricevendo ossigeno supplementare senza pressione positiva o alto flusso;
  5. ricoverato in ospedale, non riceve ossigeno supplementare;
  6. non ricoverato e incapace di svolgere le normali attività;
  7. non ricoverati e in grado di svolgere le normali attività.

 Per distinguere tra la categoria 6 e la categoria 7, il personale dello studio ha valutato le prestazioni del paziente delle normali attività con domande convalidate coerenti con le misurazioni dello stato di salute.[12],[13] I pazienti dimessi dall'ospedale sono stati contattati telefonicamente per la valutazione della scala dei risultati COVID ai giorni 7, 14 e 28 dopo la randomizzazione.

Lo studio includeva, inoltre, 12 risultati secondari:

  • punteggi su scala dei risultati COVID a 2, 7 e 28 giorni dopo la randomizzazione;
  • mortalità per tutte le cause per tutte le posizioni a 14 e 28 giorni dalla randomizzazione;
  • tempo al recupero, definito come tempo per raggiungere COVID Scala dei risultati categoria 5, 6 o 7;
  • il composto di morte o ricezione di ECMO entro 28 giorni;
  • giorni senza supporto per 28 giorni, compresi i giorni senza ospedale, senza ossigeno, in unità di terapia intensiva (ICU), senza ventilatore e senza vasopressori[14].
  • Dati sul verificarsi di diversi eventi di sicurezza con anche potenziali legami meccanicistici con l'idrossiclorochina sono stati raccolti sistematicamente tra la randomizzazione e i 28 giorni successivi inclusa citopenia,
  • concentrazione plasmatica di aspartato,
  • aminotransferasi o alanina aminotransferasi maggiore di due volte il limite superiore della norma del laboratorio locale,
  • arresto cardiaco trattato con rianimazione cardiopolmonare,
  • ipoglicemia sintomatica,
  • tachiaritmia ventricolare e convulsioni.
  • Eventi avversi gravi, definiti come eventi che hanno portato alla morte, un'esperienza pericolosa per la vita, un prolungamento del ricovero in ospedale o una disabilità o incapacità persistente o significativa a giudizio dello sperimentatore.

Sospensione del trial

Il 19 giugno 2020, l'arruolamento è stata interrotto su raccomandazioni del Comitato di monitoraggio sulla sicurezza dei dati (DSMB) dopo aver esaminato le informazioni sia interne che esterne allo studio. L’arruolamento è stato interrotto alla quarta analisi intermedia, che includeva 371 pazienti con dati di outcome primari e un’ulteriore quota di 108 pazienti che non avevano raggiunto i 14 giorni dopo la randomizzazione per la valutazione dell'outcome primario.

RISULTATI

Pazienti

Durante il periodo di arruolamento di 78 giorni, 1889 pazienti sono stati sottoposti a screening; 1041 pazienti hanno soddisfatto i criteri di ammissibilità e, di questi, 479 pazienti sono stati randomizzati. I motivi più comuni di esclusione tra i pazienti sottoposti a screening sono stati la durata dei sintomi respiratori superiore a 10 giorni (34,8% delle esclusioni), l'ospedalizzazione per più di 48 ore al momento dello screening (25,1%) e il QTc superiore a 500 ms (14,0% ).

Il motivo più comune per cui i pazienti idonei non sono stati arruolati è stato il rifiuto della partecipazione del paziente o del rappresentante legalmente autorizzato (60,0%). Tra i pazienti arruolati, l'età mediana era di 57 anni (intervallo interquartile [IQR], da 44 a 68 anni), il 44,3% era di sesso femminile, il 37,2% era ispanico/latino-americano e il 23,4% era nero. La durata mediana dei sintomi prima della randomizzazione era di 5 giorni (IQR, da 3 a 7 giorni).

Dei 479 pazienti arruolati, 242 (50,5%) sono stati randomizzati a idrossiclorochina e 237 (49,5%) sono stati randomizzati a placebo;

46 pazienti sono stati dimessi dall'ospedale prima della valutazione dell'outcome primario, di cui 25 nel gruppo idrossiclorochina e 21 nel gruppo placebo, questi non sono stati contattati con successo per la valutazione dell'outcome primario e avevano valori attribuiti sulla base di una chiamata di follow-up al giorno 7 o gli è stato assegnato un punteggio di 6 se nessuna chiamata è stata completata il giorno 7.

Le informazioni di follow-up sulla sopravvivenza fino al giorno 28 sono state completate per 477 (99,6%) dei 479 pazienti randomizzati; 1 paziente nel gruppo idrossiclorochina e 1 paziente nel gruppo placebo sono stati persi al follow-up per lo stato vitale.

Assunzione del farmaco di prova e farmaci concomitanti

Nel gruppo idrossiclorochina, 242 (100%) dei 242 pazienti hanno ricevuto almeno 1 dose del farmaco di prova e sono state ricevute 2149 (88,8%) di 2420 delle dosi programmate di farmaco oggetto del trial. Nel gruppo placebo, 231 (97,5%) di 237 pazienti hanno ricevuto almeno 1 dose di placebo e sono state ricevute 2038 (86,0%) di 2370 dosi programmate di placebo. Il prolungamento dell'intervallo QTc maggiore di 500 ms è stata la causa di 38 (14,0%) delle dosi dimenticate nel gruppo idrossiclorochina e di 21 (6,3%) delle dosi dimenticate nel gruppo placebo.

Tra i 479 pazienti arruolati nel trial, 104 pazienti (21,7%) hanno assunto in maniera concomitante remdesivir, 91 (19,0%) hanno assunto azitromicina e 88 (18,4%) corticosteroidi.

Outcome primario

Dopo 14 giorni dalla randomizzazione non è stata dimostrata alcuna differenza significativa nel punteggio della scala dei risultati COVID tra il gruppo trattato con idrossiclorochina (punteggio mediano [IQR], 6 [4-7]) e gruppo placebo (punteggio mediano [IQR], 6 [4-7]) (aOR, 1,02 [95% CI, 0,73-1,42).

Allo stesso modo, non sono state evidenziate differenze significative nell'outcome primario per quanto attiene alla sensibilità di analisi che hanno limitato la popolazione ai pazienti con infezione SARS-CoV-2 confermata in laboratorio (n = 477), che hanno limitato la popolazione ai pazienti che hanno ricevuto almeno 1 dose del farmaco sperimentale (n = 473) e che hanno incluso l'arruolamento del sito come un effetto casuale (n = 479).

Non c'era alcuna differenza significativa nell'outcome primario tra il gruppo idrossiclorochina e il gruppo placebo in nessun sottogruppo specificato, compresi quelli basati su età, genere, etnia, gravità della malattia al basale e durata dei sintomi.

Nelle analisi post hoc tra sottogruppi di pazienti trattati clinicamente con remdesivir in aperto, azitromicina e corticosteroidi, non sono state riscontrate differenze significative nell'outcome primario tra il gruppo idrossiclorochina e il gruppo placebo.

Eventi avversi e eventi di sicurezza raccolti sistematicamente

Nei 5 giorni successivi alla randomizzazione, 13 pazienti (5,9% di 221 pazienti con QTc valutato) del gruppo idrossiclorochina e 7 pazienti (3,3% di 214 pazienti con QTc valutato) del il gruppo placebo avevano un intervallo QTc registrato maggiore di 500 ms. Sono stati segnalati in totale 30 eventi avversi gravi, distribuiti in 18 eventi avversi gravi da 14 pazienti (5,8%) nel gruppo idrossiclorochina e 12 eventi avversi gravi da 11 pazienti (4,6%) nel gruppo placebo.

Discussione

In questo studio clinico randomizzato multicentrico, in cieco, controllato con placebo condotto in 34 ospedali statunitensi, il trattamento con idrossiclorochina non ha migliorato né peggiorato gli esiti clinici per gli adulti ospedalizzati per malattie respiratorie da COVID-19. Questi risultati erano coerenti in tutti i sottogruppi e per tutti i risultati valutati, inclusa una scala ordinale di stato clinico, mortalità, insufficienza d'organo, durata dell'uso di ossigeno e durata della degenza ospedaliera.

L’entusiasmo per l'efficacia dell’idrossiclorochina come potenziale terapia per COVID-19 è stato innescato da studi in vitro che suggerivano che limitava l'ingresso di SARS-CoV-2 nelle cellule umane inibendo la glicosilazione dei recettori cellulari mirati dai coronavirus e aumentando il pH endosomiale, riducendo così l'ingresso virale endosoma-mediato.[15],[16] Inoltre, l’idrossiclorochina riduce la produzione di diverse citochine pro-infiammatorie coinvolte nello sviluppo della sindrome da distress respiratorio acuto, una manifestazione grave di COVID-19.[17],[18] Questi fattori, combinati con un'ampia disponibilità, la somministrazione orale e una relativa sicurezza dei trattamenti percepita sulla base dell'uso storico nel trattamento della malaria e delle malattie reumatologiche, hanno portato all'uso clinico diffuso dell'idrossiclorochina per COVID-19.[19][20]

Il 28 marzo 2020, la FDA ha rilasciato un'autorizzazione all'uso di emergenza per l'idrossiclorochina per il trattamento di adulti ospedalizzati con COVID-19,[21] che è stata successivamente revocata il 15 giugno 2020.[22] La conclusione di questo studio clinico che l'idrossiclorochina non era efficace per il trattamento di COVID -19 è coerente con i risultati di recenti studi in vitro che suggeriscono l'assenza di attività antivirale per l'idrossiclorochina contro SARS-CoV-2[23],[24] e studi pragmatici in aperto nel Regno Unito[25] e Brasile[26] che suggeriscono nessun beneficio clinico. Interpretati insieme agli studi precedenti, i risultati di questo studio forniscono una forte evidenza che l'idrossiclorochina non apporta nessun beneficio per  i pazienti adulti ospedalizzati con COVID-19.

I punti di forza di questo studio includevano il design in cieco controllato da placebo, l'elevata aderenza al protocollo di studio, il monitoraggio rigoroso per gli eventi di sicurezza e gli eventi avversi e il rapido reclutamento da ospedali geograficamente diversi che servono popolazioni etnicamente e razziali diverse all'interno degli Stati Uniti.

Inoltre, l'outcome primario era una scala ordinale centrata sul paziente e clinicamente significativa che catturava la mortalità e la morbilità correlate a COVID-19.

Limitazioni dello studio

Lo studio ha mostrato diversi limiti. Innanzitutto, il trial ha incluso solo adulti ospedalizzati e i risultati potrebbero non essere generalizzabili ad altre popolazioni.

In secondo luogo, i pazienti con sintomi respiratori fino a 10 giorni prima della randomizzazione sono stati inclusi. Alcuni studi di farmaci antivirali limitano l'arruolamento a pazienti con sintomi per una durata più breve nel tentativo di arricchire la popolazione per i pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio; tuttavia, in particolare, in questo studio non è stata trovata alcuna prova che suggerisca l'efficacia dell'idrossiclorochina tra i pazienti con sintomi di durata più breve.

In terzo luogo, l'accertamento dei risultati è stato limitato a 28 giorni dopo la randomizzazione per accelerare la diffusione dei risultati nel contesto di una pandemia in corso; ad ogni modo, è prevista per il futuro la rendicontazione dei risultati a lungo termine dei partecipanti allo studio.

In quarto luogo, la differenza minima clinicamente importante nei punteggi sulla scala dei risultati COVID è sconosciuta. Sebbene l'IC al 95% per l'aOR per l'outcome primario in questo studio (0,73-1,42) non includesse stime puntuali che sono state considerate clinicamente significative in studi precedenti sulle terapie COVID-19, una dimensione moderata del campione in questo studio può significare che aveva un potere inadeguato per escludere piccole, ma clinicamente significative, differenze tra i gruppi.

In quinto luogo, lo studio non includeva la raccolta di informazioni sulle concentrazioni sieriche di idrossiclorochina, sulla diffusione virale o sui biomarcatori dell'infiammazione.

Sesto, è stato studiato nel trial solo un regime terapeutico con idrossiclorochina; questo regime è stato selezionato sulla base della guida della FDA, di studi in vitro sulle concentrazioni polmonari di idrossiclorochina e sulle dosi comunemente utilizzate negli ospedali statunitensi per COVID-19. Anche altri studi che hanno valutato dosi più elevate di idrossiclorochina non hanno dimostrato alcun beneficio clinico.

Settimo, questo studio ha valutato la monoterapia con idrossiclorochina per COVID-19 e non ha studiato sistematicamente la co-somministrazione con azitromicina, zinco, remdesivir, o altri agenti.

Conclusioni

Tra gli adulti ospedalizzati con malattie respiratorie da COVID-19, il trattamento con idrossiclorochina, rispetto al placebo, non ha migliorato significativamente lo stato clinico al giorno 14. Questi risultati non supportano l'uso di idrossiclorochina per il trattamento di COVID-19 tra gli adulti ospedalizzati.

Considerazioni finali

Lo studio dimostra come l’uso dell’idrossiclorochina per il trattamento del COVID-19 non porti a miglioramenti significativi dello stato clinico del paziente. In Italia, non più tardi dello scorso venerdi 11 dicembre 2020, il Consiglio di Stato ha autorizzato con una sentenza pubblicata l’utilizzo dell’idrossiclorochina per la cura del COVID-19. “Deve essere rimessa all’autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico” “in scienza e coscienza” e con l’ovvio consenso informato del singolo paziente, hanno scritto i giudici nel motivare la sentenza.

Nonostante i dubbi derivanti dalle evidenze scientifiche, nonostante quelli dell’Oms, nonostante lo stop decretato dall’AIFA, la magistratura ha accolto il ricorso di un gruppo di medici e riacceso il semaforo verde per l’uso del farmaco in passato utilizzato per la cura della malaria e i cui benefici erano stati esaltati anche da non addetti ai lavori, causando un vero e proprio fenomeno mediatico. Questo in, almeno apparente, contrasto con il paradigma dell’Evidence Based Medicine che prevede l'uso esplicito e coscienzioso delle migliori prove scientifiche nel prendere decisioni nella pratica medica.

 

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Rilevazione sul consumo di integratori
08 Feb 2023 09:31 - Marilisa Poci
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Introduzione Gli integratori alimentari, per la loro immissione in commercio, sono subordinati alla procedura di notifica dell’etichetta al Ministero della Salute. Una volta superata tale procedura, i prodotti sono inclusi in un apposito elenco con uno specifico codice, i cui estremi possono essere riportati nella stessa.[1] La Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e  [ ... ]