Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede un pacchetto di investimenti e riforme articolato in sei missioni. La sesta missione riguarda la salute (M6) e contiene tutti gli interventi a titolarità del Ministero della Salute suddivisi in due componenti (C). La prima (C1) prevede l’istituzione di “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale, mentre la seconda (C2) è destinata alla “Innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio Sanitario”, finanziate complessivamente con 18,5 miliardi. La missione 6 (C1) prevede, tra l’altro, la riorganizzazione della sanità territoriale con la creazione di strutture sanitarie comuni per tutte le regioni, ovvero le case della comunità e gli ospedali di comunità.
Il Ministero della Salute (MS), nel solco delle iniziative attivate con il PNRR, ha quindi proposto un documento “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale” che implementa questi assunti del PNRR nei modelli organizzativi e negli standard di personale per l’assistenza sanitaria territoriale.

Come prevede la normativa, il documento è stato inviato alla Conferenza Stato Regioni che nella del 16 marzo 2022 non lo approva per la contrarietà della Regione Campania.
Il Governo, ha quindi deciso di procedere comunque, come gli è consentito dalla legge in caso di mancata intesa con le Regioni entro un mese dal primo esame. Pertanto, nella seduta del 21 aprile, il Consiglio dei Ministri ha deciso che il provvedimento venisse emanato come Decreto Ministeriale (DM) previo parere del Cosiglio di Stato (CdS) e della Corte dei Conti (CdC). Il 20 maggio la Sezione normativa del Consiglio di Stato ha dato il  via libera con osservazioni allo Schema di decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Anche la Corte dei conti ha dato in questi giorni il suo parere positivo.
Quindi il 22 giugno è avvenuta la definitiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto (DM 23 maggio 2022 n.77) che rispetta la tempistica prevista dal PNRR (entro giugno), dei “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale”, che entrerà in vigore dal
07/07/2022.

Ma cosa prevede questo decreto?

Il decreto stabilisce l’organizzazione assistenziale territoriale, i modelli organizzativi, le relative strutture fisiche e organizzative gli standard assistenziali e il fabbisogno di personale sanitario.

Il Distretto Sanitario (1 distretto ogni circa 100 mila abitanti) è l’aggregazione territoriale di riferimento e costituirà il centro per l’accesso a tutti i servizi dell’ASL . Il Distretto dovrà garantire una risposta assistenziale integrata sotto il profilo delle risorse, degli strumenti e delle competenze professionali per determinare una efficace presa in carico della popolazione di riferimento. Al fine di svolgere tali funzioni la conoscenza dei bisogni di salute della popolazione di riferimento risulta centrale e rientra pertanto tra le attività del Distretto che avrà compito di committenza, produzione e garanzia dei servizi.
All’interno del Distretto Sanitario saranno accessibili le seguenti strutture:

  • Una Centrale Operativa Territoriale(1 centrale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale) è la struttura che dovrà svolgere una funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e dialoga con la rete dell’emergenza-urgenza.
  • Le Case della Comunità (1 casa ogni 40-50 mila abitanti) all’interno del Distretto, rivestiranno un ruolo fondamentale per i cittadini dove potranno trovare una risposta assistenziale h24 ogni giorno della settimana. Resteranno comunque gli studi dei medici di famiglia (definiti spoke delle Case della Comunità) che saranno collegati in rete per garantire aperture h12 sei giorni su sette. Sono il luogo fisico di prossimità e di facile individuazione dove la comunità potrà accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria e sociosanitaria. La CdC promuove un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare attraverso équipe territoriali multiprofessionali (MMG, PLS, Continuità Assistenziale, Specialisti Ambulatoriali Interni e dipendenti, Infermieri e altre figure sanitarie e sociosanitarie) e garantisce;
    • una presenza medica h24 - 7 giorni su 7 anche attraverso l’integrazione della Continuità Assistenziale;
    • una presenza infermieristica h12 – 7 giorni su 7;
    • un Punto Unico di Accesso (PUA) sanitario e sociale;
    • un punto prelievi;
    • servizi diagnostici finalizzati al monitoraggio della cronicità (ecografo, elettrocardiografo, retinografo, oct, spirometro, ecc.) anche attraverso strumenti di telemedicina (es. telerefertazione);
    • servizi ambulatoriali specialistici per le patologie ad elevata prevalenza (cardiologo, pneumologo, diabetologo, ecc.);

Queste strutture sono dotate di personale sanitario (medici e infermieri) e tecnico – amministrativo e rappresentano inoltre la sede fisica delle aggregazioni della medicina generale.

  • Gli Ospedali di Comunità (almeno 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto ogni 100.000 abitanti) situati all’interno del Distretto vedranno una forte presenza assistenziale infermieristica e saranno decisivi per la presa in carico dei pazienti nelle fasi post ricovero ospedaliero o in tutti quei casi dove c’è bisogno di una particolare assistenza vicino al domicilio del paziente. Nel nuovo sistema un ruolo rilevante sarà riservato agli infermieri di famiglia che saranno impiegati in molte delle nuove strutture definite dal decreto.  Gli ospedali di comunità saranno dotati di 7- 9 Infermieri, 4-6 Operatori Sociosanitari, almeno 1-2 unità di Altro personale sanitario e un Medico per almeno 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7.
  • La rete delle Cure Palliative (1 unità di CP e 1 Hospice di 8-10 posti letto ogni 100 mila abitanti) in grado di garantire la presa in carico globale dell’assistito e del suo nucleo familiare, in ambito ospedaliero, domiciliare e in hospice. I servizi della rete dovranno garantire cure e assistenza a persone affette da patologie ad andamento cronico, evolutivo e a prognosi infausta.
  • Il Consultorio Familiare (1 consultorio ogni 20.000 abitanti) è la struttura aziendale a libero accesso e gratuita, deputata alla prevenzione, promozione della salute, consulenza e cura rivolte alla donna, al minore, alla famiglia in senso ampio, in linea con le evoluzioni sociali correnti e al contesto comunitario di riferimento dei predetti.

Il Dipartimento di Prevenzione (DP) (1 ogni 500 mila abitanti) quindi come struttura sovra distrettuale, avrà il compito di promuovere azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti e con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline.

La Rete delle Farmacie del territorio viene individuata, a tutti gli effetti, come presidi sanitari di prossimità dove il cittadino potrà trovare oltre ai farmaci, sempre più servizi aggiuntivi. In particolare, la rete capillare delle farmacie convenzionate con il SSN assicura quotidianamente prestazioni di servizi sanitari per la salute della cittadinanza: in tale ambito vanno inquadrate la dispensazione del farmaco, per i pazienti cronici la possibilità di usufruire di un servizio di accesso personalizzato ai farmaci, la farmacovigilanza, le attività riservate alle farmacie dalla normativa sulla c.d. “Farmacia dei Servizi” e l’assegnazione delle nuove funzioni tra le quali le vaccinazioni anti-Covid e antinfluenzali, la somministrazione di test diagnostici a tutela della salute pubblica.

Luci e ombre della riforma

Per quanto riguarda le luci, nella riforma si parla di Servizio Sanitario Nazionale (SSN), non regionale. Il decreto prevede infatti che le regioni adottino entro 6 mesi “il provvedimento generale di programmazione dell’Assistenza territoriale” secondo criteri uguali per tutto il Paese. Questo porrà finalmente termine alla frammentazione organizzativa territoriale che si registra oggi nelle regioni.
È poi significativo che l’introduzione del documento sia orientata ad un approccio sistemico, collaborativo e partecipativo, di promozione comunitaria della salute e di welfare generativo “secondo un approccio one health”.
Terzo aspetto positivo: la centralità dei  “Distretti”. indica la volontà politica di attivare effettivamente i Distretti e di inserirli in una cornice istituzionale-organizzativa vincolante. Benché un’assistenza territoriale incernierata sui Distretti Socio-Sanitari sia stata ben definita già da tempo nella normativa nazionale, la loro attuazione è stata incompleta e con ampie diversificazioni tra le Regioni, in alcune delle quali il Distretto di fatto non esiste.

Quarto aspetto positivo riguarda la ricomprensione in un unico atto, e riconduzione al Distretto e alla Casa della Comunità, di tutti i servizi dell’Assistenza Primaria.

Le zone d’ombra sono rappresentate dall’orientamento complessivo  verso l’erogazione di prestazioni, anziché alla salute e benessere dei singoli e della collettività. Non si scorge alcun passaggio verso un sistema proattivo di promozione e prevenzione della salute nei luoghi di vita, prevedendo il coinvolgimento attivo delle comunità e delle persone, che devono diventare esse stesse protagoniste della propria salute.
Manca una idea e un processo di “territorializzazione” del SSN: quando si afferma infatti che “il Distretto è un’articolazione organizzativo-funzionale dell’Azienda sanitaria locale (ASL) sul territorio”; un modello cioè dove i servizi vengono “calati” secondo silos organizzativi, anziché venir progettati e costruiti a partire dai bisogni e dalle risorse del territorio.

Manca anche l’approccio comunitario: le attività previste sono infatti orientate alla diagnosi e alla cura dei singoli piuttosto che alla valorizzazione di tutte le risorse locali sociali, scolastiche, lavorative, associative, di vicinato, per promuovere salute nei luoghi di vita, per gestire le cronicità avvalendosi della collaborazione e cooperazione, per contrastare le diseguaglianze in salute con la promozione di una diffusa sensibilità sociale.
Non è inoltre esplicitato come i medici (ed i pediatri) di famiglia si connettano all’insieme: non è disegnato il loro ruolo benché, attraverso il loro compito di prescrivere farmaci e indagini, sia in posizione chiave per l’accesso al Servizio Sanitario. Il rischio è che rimangano ancora di fatto esterni, addirittura controparte, al sistema distrettuale, quand’anche svolgano la propria attività in toto o in parte all’interno della Casa della Comunità.

Manca infine il benchè minimo accenno al ruolo (oltre che degli standard) che i farmacisti dei servizi territoriali delle ASL, potrebbero avere a sostegno di una riorganizzazione dei servizi sanitari e farmaceutici orientata al paziente.

La questione della “dimenticanza” dei farmacisti dei servizi territoriali delle ASL

Come si può osservare nel decreto del Ministero della Salute, l’assistenza farmaceutica territoriale è una questione che riguarda solo le farmacie di comunità, visto che non si fa alcun riferimento al farmacista dei servizi territoriali delle ASL! L’unico spiraglio è quanto pubblicato nella Tabella 1 del testo della norma dove all’interno dell’équipe multiprofessionale che collabora con i MMG, compare anche la figura del FARMACISTA come “Referente dell’uso sicuro ed efficace dei farmaci contenuti nel programma terapeutico (interazioni farmacologiche, dosaggio, formulazione, farmacovigilanza, sostenibilità economica”.

Non possiamo credere che ci si voglia riferire (esclusivamente), ai farmacisti di comunità!

Costruire una assistenza farmaceutica territoriale senza il supporto del farmacista pubblico che opera da anni nei servizi farmaceutici territoriali delle ASL o equivalenti, ci sembra un azzardo, sia come mancata fruizione di esperienze professionali consolidate in decenni di attività, sia per le implicazioni economiche a garanzia della sostenibilità delle scelte in ambito farmaceutico, che la figura del farmacista pubblico dei servizi territoriali delle ASL ha finora garantito.
Vogliamo brevemente ricordare che i farmacisti pubblici che lavorano nelle ASL, sono impegnati in una attività di supporto indiretto alle terapie farmacologiche dei cittadini, attraverso azioni di informazione/formazione  dei prescrittori in relazione a tutte le novità in materia di prescrivibilità e concedibilità dei farmaci nonché di controllo e monitoraggio dell'aderenza alle disposizioni nazionali e regionali. Supportano la continuità ospedale/territorio per gli aspetti farmaceutici, i percorsi per la prescrizione e somministrazione  dei farmaci H a domicilio, l’erogazione dei farmaci, dei dispositivi e di altri prodotti sanitari per le malattie rare.
Svolgono una attivitàdi di supporto per il governo e l’appropriatezza delle prescrizioni, per il monitoraggio della spesa farmaceutica convenzionata attraverso gli incontri e gli audit con i medici di medicina generale.
Nel complesso tutte queste attività sono finalizzate a migliorare l’appropriatezza, la qualità e la sostenibilità dei trattamenti terapeutici nell’interesse del paziente/cittadino e della comunità.

Conclusioni

Certamente il farmacista pubblico dei servizi territoriali delle ASL, analogamente al farmacista ospedaliero svolge una attività poco visibile per i cittadini, ma evidentemente anche per le istituzioni, salvo poi ricredersi, come già capitato nel passato e che sembra stia capitando ancora una volta anche quest’anno.
Confidiamo che vi sia resipiscenza nel legislatore e che voglia apportare quei correttivi necessari nell’ambito di altri veicoli legislativi in maniera tale da dare rassicurazione e la corretta visibilità al farmacista del SSN che opera da sempre per l’uso corretto del farmaco e l'applicazione corretta delle norme.
I farmacisti del SSN non sono una lobby potente come altri professionisti proprietari e non vogliono essere trattati da eroi quando fa comodo, vogliono essere solo riconosciuti nel ruolo e per i compiti e funzioni che svolgono per le Istituzioni e per la Costituzione di cui sono fedeli interpreti.


 

 

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