Sintesi

La situazione su scala mondiale della trasmissione del virus, evidenzia ancora forti criticità alla luce dei dati presentati. Mentre nell’occidente industrializzato sono state somministrate 120 dosi di vaccino ogni cento abitanti, nel Terzo Mondo il numero è fermo a sole 3 dosi ogni 100 persone. Le ragioni di questi ritardi sono da ricondurre alla scarsità di vaccini resi disponibili dai produttori che agiscono in regime di monopolio. Da un punto di vista etico è accettabile offrire agli abitanti dei Paesi più ricchi una terza dose, quando tre quarti della popolazione del Pianeta è ancora in attesa della prima?

Premessa

Oggi la vaccinazione contro il virus Covid-19 è l’unica misura che ci protegge dagli esiti più sfavorevoli

della malattia. Nel lungo termine questa malattia potrebbe diventare endemica, cioè una delle tante dalle quali ci vacciniamo o nella quale incorriamo almeno una volta nella vita. Le malattie endemiche sono caratterizzate da schemi di diffusione ricorrenti. Alcune si diffondono con maggiore frequenza in determinate stagioni (pensiamo all'influenza), altre alternano periodi di maggiore trasmissione a periodi di bassa trasmissione e tutte continuano a circolare finché è presente un bacino di persone non ancora contagiato. La presenza di sacche di popolazione più suscettibili, perché in aree geografiche inizialmente risparmiate dal grosso della circolazione, può continuare ad alimentare l'endemia per lungo tempo. Per questo oggi la sfida al virus si può vincere solo su scala globale attraverso la vaccinazione rapida della popolazione mondiale per prevenire il possibile sviluppo di nuove varianti più contagiose e letali.

I numeri della pandemia

La situazione su scala mondiale della trasmissione del virus, evidenzia ancora forti criticità. Come possiamo vedere dalla figura 1, che rappresenta l’andamento dei contagi della malattia, a partire da gennaio 2020, il numero attuale dei nuovi contagi, si attesta intorno alle 300 mila persone al giorno.
Certamente siamo lontani dai numeri registrati nei picchi del grafico (900 mila al giorno), ma significa che da qualche parte del globo i numeri sono localmente ancora molto elevati.
Vogliamo ricordare che dall’inizio della pandemia, sono stati infettate su base mondiale, quasi 240 milioni di persone e che 4,2 milioni sono decedute a causa del virus.

La progressione giornaliera di questi decessi, sono riportati dalla figura 2, che evidenzia come ancora oggi, poco meno di 5000 persone al giorno non sopravvive alla malattia da covid-19.
Questi dati sono la sommatoria dei decessi registrati nel mondo cui l’Italia oggi contribuisce con numeri bassi (circa 40 al giorno) mentre per restare in Europa, paesi come la Russia con quasi 1000 decessi al giorno, l’Ucraina, la Romania, la Serbia, sono ancora alle prese con una fase espansiva della malattia.
A livello mondiale, i paesi oggi maggiormente interessati, sono il Messico, le Filippine, l’Iran, la Thainlandia, il Vietnam e l’India. Per avere una rappresentazione grafica dell’entità complessiva dei contagi, possiamo osservare la figura 3 dove sonoriportati i Paesi del mondo.

La presenza di un cerchio blu nel territorio del Paese, simboleggia il grado di interessamento della pandemia. L’ampiezza del cerchio rappresenta l’entità del contagio in rapporto alla popolazione di quello stato.

Come possiamo vedere, la pandemia non ha risparmiato nessuno e ha colpito molto duramente l’Europa. L’ulteriore progressione della pandemia dipenderà solo dalla ampiezza e dalla velocità della vaccinazione su base mondiale.

La situazione in Italia

La figura 4 tratta da un articolo pubblicato su QuotidianoSanità, ben riassume l’evoluzione della pandemia in Italia. Dall’esodo drammatico con un picco di contagiati e decine di migliaia di morti da marzo 2020, seguito da un lungo periodo di lockdown fino alle riaperture per l’estate, seguito da un secondo picco di contagiati e di morti a partire da ottobre 2020 con chiusure e lockdown che si sono protratti fino a Pasqua 2021. Nel frattempo, da gennaio 2021 a partire dal personale sanitario e poi estesa a tutta la popolazione, per fasce d’età decrescente, è partita

la vaccinazione, rappresentata da una linea rossa nel grafico che ha coinvolto progressivamente tutta la popolazione. Oggi i vaccinati con due dosi coprono l’ottantadue per cento della popolazione italiana; uno dei risultati migliori del mondo industrializzato. Possiamo anche vedere dal grafico come con il progressivo incremento del numero dei vaccinati, si siano ridotti i casi di contagio, salvo un picco di relativamente modeste dimensioni tra agosto e settembre 2021, attribuibile alla diffusione della variante delta. Nel complesso il bilancio per l’Italia della pandemia da covid-19, considerando solo i casi, ha significato fino ad oggi la perdita della vita di quasi 132 mila persone e un numero di contagiati di oltre 4,7 milioni di cittadini.

Le vaccinazioni nel mondo

Mentre nell’occidente industrializzato sono state somministrate 120 dosi di vaccino ogni cento abitanti, nel Terzo Mondo il numero è fermo a soli 3 dosi ogni 100 persone.
Il Programma Covax, istituito dall’accordo OMS-Unione Europea con la partecipazione di istituzioni e organizzazioni no profit, per garantire un accesso equo ai vaccini covid per il Terzo Mondo, avrebbe dovuto distribuire due miliardi di dosi entro la fine del 2021 ai Paesi poveri. Ad oggi la distribuzione è ferma a soli 300 milioni di dosi e con i ritmi attuali, l’obiettivo non verrà raggiunto. Il Programma Covax prevede l’acquisto dei vaccini dai produttori ad un prezzo calmierato e la distribuzione ai Paesi meno ricchi attraverso un sistema basato su priorità equità e trasparenza. Il finanziamento del programma è garantito da donazioni istituzionali e private. Inoltre ciascun Paese aderente (sono 180) può destinare quote dei propri vaccini acquistati in eccesso rispetto a quelli utilizzati. Tra i Paesi europei, anche l’Italia, si era impegnata alla donazione di 15 milioni di dosi entro la fine del 2021, si trova per ora solo a quota 2,4 milioni di dosi di vaccino effettivamente consegnati.

Le multinazionali dei vaccini

Le principali ragioni di questi ritardi e dei parziali insuccessi del Programma, sono da ricondurre alla scarsità di vaccini resi disponibili rispetto al reale fabbisogno. Noi tutti ricordiamo la difficoltà di approvvigionamento dei vaccini nel nostro Paese nella fase iniziale della campagna vaccinale con la mancata consegna, da parte delle aziende farmaceutiche, dei quantitativi sottoscritti e ipotizziamo, probabilmente dirottati verso destinazioni più remunerative.  
La ragione di base è sempre il profitto, come hanno denunciato Oxfam ed Emergency in occasione del “Global Covid-19 Summit" promosso dal presidente USA Joe Biden.
Nella denuncia si sostiene che le aziende come Moderna, Pfizer e BioNTech, avessero realizzato nel primo semestre 2021, ricavi per oltre 26 miliardi di dollari, a fronte di un investimento pubblico nel 2020 di 8,3 miliardi di dollari con relativi margini di profitto astronomici (69% per Moderna e BioNTech e non ancora verificabile per Pfizer).
In aggiunta, quest’ultima azienda avrebbe venduto solo lo 0,5% delle sue dosi di vaccino al Programma Covax, destinando oltre il 90% delle dosi prodotte, al miglior offerente tra i paesi ricchi con rincari del prezzo per dose, fino a 24 volte il costo stimato di produzione (ricerca e sviluppo compresi). Per Pfizer i proventi dalle vendite del vaccino anti-Covid, superiori a 11 miliardi di dollari nei primi sei mesi del 2021, rappresentano oggi più di un terzo dei ricavi a bilancio semestrale. Nel caso di BionNTech e Moderna la situazione è diversa. Queste aziende non hanno altri prodotti farmaceutici commerciali significativi. Oxfam e Emergency sostengono che i loro elevati margini di profitto derivano quasi esclusivamente dalla commercializzazione dei vaccini contro il Covid-19.

Oxfam ed Emergency sostengono che questo modello di business messo in pratica dai colossi farmaceutici è oltremodo redditizio per azionisti e top manager che vengono remunerati generosamente, mentre a farne le spese sono i paesi in via di sviluppo che stanno affrontando un nuovo picco di contagi e decessi, senza vaccini, cure e trattamenti. Invece di collaborare con governi e altri produttori qualificati per assicurare una disponibilità di dosi sufficiente a soddisfare la domanda mondiale appaiono più preoccupati a massimizzare i propri utili e ad agire in una situazione di monopolio.

Le richieste dell’OMS, di molti Paesi, di istituzioni e di organismi internazionali di sospensione temporanea dei brevetti e di condivisione delle tecnologie e del know-how per aumentare la capacità di produzione in tutto il mondo e vaccinare quante più persone possibile, si trova di fronte ad un muro impenetrabile.

In questo contesto la somministrazione delle terze dosi mentre la maggior parte dei paesi fatica a garantire le prime dosi al proprio personale sanitario, evidenziano la drammatica iniquità nel modo di condurre la battaglia contro il virus. Le varianti future selezionate dalla pressione della pandemia potrebbero rimandarci al punto di partenza.

La terza dose

L'OMS, aveva chiesto un ripensamento prima di somministrare la terza dose di vaccino in modo sistematico a tutta la popolazione.  Fatta salva la somministrazione alle popolazioni ad alto rischio per condizioni e per fragilità l’OMS per un principio di etica e per non esacerbare le disuguaglianze, proponeva di attendere, per la terza dose su larga scala, fino a quando ogni Paese avesse vaccinato almeno il 40% della popolazione: ciò che non sembra essere chiaro ai Paesi occidentali, che continuano a pensare alla propria immunità, è che lasciare il virus libero di circolare è controproducente per tutti. Più il SARS-CoV-2 si diffonde, più muta, più è probabile che emergano nuove varianti che eludano i vaccini.

Da un punto di vista etico è accettabile offrire agli abitanti dei Paesi più ricchi una terza dose "di rinforzo", quando tre quarti della popolazione del Pianeta è ancora in attesa della prima? È un aspetto da tenere presente dal punto di vista umanitario, ma anche per un mero calcolo di opportunità. Come possiamo pensare di tornare alla normalità, se il resto del mondo non è protetto dal coronavirus? Non è possibile erigere barriere protettive contro il virus intorno ai confini dei Paesi. Per questo la sfida può essere solo globale.

Da un punto di vista qualitativo, la terza dose è esattamente uguale alla prima e alla seconda ed offre per la variante delta, che peraltro è quella ormai prevalente, una protezione per solo il 64%.

Prima di estendere la terza dose a tutta la popolazione, non sarebbe il caso di attendere un vaccino adattato alle nuove varianti di SARS-CoV-2, che magari offra una protezione migliore e concentrarsi ora coi “vecchi” vaccini, soprattutto quelli di Janssen e AstraZeneca, che presentano meno criticità nella conservazione, sui tre quarti della popolazione del mondo in attesa ancora di una prima dose?

Bibliografia


 

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